Io e mia sorella |
Mi
ero ripromessa di non scrivere nulla, poi mi sono accorta che oggi
si
festeggia
il papà
e si è scatenato in me uno tsunami di ribellione! Donne, mamme,
papà, Unità d'Italia, Repubblica, uomini (tutti i giorni), si
festeggia un po' di tutto, ma, a noi figli, nessuno ci pensa?! Anche
il nostro è un lavoraccio! E' proprio una questione di rispetto!
Già ci concepite senza nemmeno chiederci il parere, che ne so,
almeno a dire (per buona creanza) “ti
andrebbe di scendere sulla Terra!?”
NO, certo che non mi va, perché significa che la mia missione di
“anima” ancora non è stata compiuta e ciò implica che io debba
continuare a tribolare per assicurarmi un posto in Paradiso. Ma, se
me lo chiedi con garbo, te lo faccio pure il favore. Prima mancanza
di rispetto. Ci educate secondo le vostre regole, che, poi, sono
assolutamente soggettive, quindi cambiano da genitore in genitore.
Dovrebbero istituire proprio una “Costituzione
del genitore”,
giusto per evitare discriminazioni. Per esempio, qualcuno mi spiega
perché io a quindici anni dovessi rincasare alle 21.30 (dico
ventunoetrenta), mentre ai miei amici era concesso tornare a casa
almeno un'ora più tardi? Poi dicono che i bambini crescono
complessati! Seconda mancanza di rispetto. Ma la presa per i
fondelli più grande è quando ti chiedono: lo vuoi un fratellino?!
Questa è proprio una furbata, perché nel momento stesso in cui tua
madre ti pone la domanda, tu, terrorizzato hai già capito tutto,
abbassi lo sguardo verso la sua pancia e la noti stranamente gonfia
(e non ha mangiato fagioli la sera prima). Allora ditelo che si
tratta di una domanda retorica, che è già tutto deciso! Cioè, se
ti rispondo di NO, che fai, ti compri una macchina del tempo, torni
ad un mese fa' e simuli un mal di testa prima di andare a dormire
con papà? Insomma, che tu voglia o no, il nascituro te lo devi far
piacere! A quel punto ti cominci a spiegare il motivo di quel
continuo farfugliare anche in piena notte: stavate parlando di
quello, stavate valutando la possibilità di “darmi un fratellino”
(come se steste facendo un favore a me!) o, meglio, di avere un
altro figlio voi! Ma io, benché abbia solo 4 anni, non faccio parte
lo stesso della famiglia, io?! Allora perché mi si estromette da
queste decisioni importanti che condizioneranno anche la mia di
vita? “Sei contenta? Quando nascerà il fratellino, gli farai da
mammina!”. Ma quale MAMMINA! Ho solo quattro anni, ho già un
mucchio di bambole da accudire, il tè delle cinque con le mie
amiche immaginarie, non posso assumermi altri impegni! Ad ogni modo,
per compiacere i tuoi genitori, sorridi e chiedi di scegliere almeno
il nome. “Certo, che puoi sceglierlo tu! Ti piace “Paola”?”
NO, ma se piace a voi, piacerà anche a me (a quattro anni non è
che hai proprio una cognizione precisa di ciò che ti piace e ciò
che no). Comunque, se proprio volete il mio parere, io la chiamerei
“Raperonzolo”, come la mia Barbie nuova. Pare che non sia adatto
alla nascitura. Occhei. La cosa più assurda dei genitori, poi, è
che non sei neanche nato e già hanno pianificato la tua vita: quali
studi intraprenderai, con quale voto ti laureerai, che lavoro farai
da grande e, se sei donna, decidono (pure) che dovrai “maritarti”.
Non te lo dicono proprio esplicitamente, però la mamma ha
cominciato a prepararti il corredo da quando avevi (circa) un anno,
mica vorrai spezzarle il cuore?! Risultato a trent'anni:hai
totalmente disatteso le aspettative dei tuoi genitori perché hai
seguito un percorso assolutamente diverso da quello che loro
immaginavano per te e ti senti frustrata perché, non solo non hai
un fidanzato che si possa definire tale, ma hai pure l'armadio che
straripa di tovaglie a fantasia, coperte ricamate al tombolo,
copriletto merlettati del tutto demodè e che sai non userai mai
(quasi, quasi me li vendo, ma a chi?!)! Durante la fase
dell'adolescenza tutto diventa anche peggio perché il problema si
sposta su un diverso campo di battaglia: la
lotta per l'affrancamento!
Si, perché i genitori non si rassegnano al fatto che stai
crescendo, che il seno, i peli (per gli uomini... oddio, anche per
le donne!), i fianchi, non ti sono stati messi lì a caso, sono il
segno di un cambiamento. E un cambiamento esteriore è per forza il
sintomo che anche dentro di te stia avvenendo una trasformazione. Ma
loro no! Pretendono che tu continui a ritirarti alle ventuno e
trenta, che copri e comprimi quelle inopportune escrescenze (segni
del demonio) e che reprimi ogni sorta di pensieri che partoriscono
dal tuo cervello. Insomma, per darvi un'idea, secondo mia madre, a
quindici anni sarei dovuta essere una sorta di scimmia
inebetita vestita da monaca di clausura.
Ma io non ci sto, quindi... giù punizioni. E in età adulta la
situazione cambia di poco perché, anche se hai quasi 35 anni e alla
tua età tua madre aveva già due figli, non sei ancora in grado di
decidere per te stessa, “fino
a che vivi in questa casa, fai quello che ti diciamo noi!”.
Come se fosse il matrimonio, o l'andare a vivere da soli, a
decretare il grado di maturità di una persona e la sua capacità di
buonsenso. Ahhhhhhh! Insomma, la nostra vita è una vera e propria
lotta
per la libertà.
Ditemi voi se il nostro mestiere non è difficile almeno quanto il
loro! A questo punto, non mi resta altro che fargli leggere quanto
scrive il Dott. Edward
Bach
a proposito del rapporto
tra genitori e figli,
sperando che serva a qualcosa:
“La
mancanza di individualità è di importanza capitale nello sviluppo
delle malattie. Il compito dei genitori è essenzialmente il
privilegio di permettere ad un animo di entrare in contatto con il
mondo al fine di evolversi. I genitori devono sforzarsi di dare un
orientamento spirituale, mentale e fisico al nuovo venuto, senza
tuttavia scordare che quel piccolo è un'anima individuale venuta
qui per acquisire esperienza e conoscenza e lasciargli spazio libero
per svilupparsi senza ostacoli. Essendo un dovere che richiede
sacrificio, non si deve mai pretendere una ricompensa da parte del
figlio, poiché tale compito consiste unicamente nel dare solo
amore, protezione e appoggio fino a quando l'anima non prende sotto
la sua guida la giovane personalità. Si dovrebbe insegnare fin
dall'inizio al ragazzo l'indipendenza, l'individualità e la libertà
ed incitarlo sempre ad agire ed a pensare da solo. Il controllo
paterno dovrebbe cedere progressivamente a misura che si sviluppa
nel figlio la capacità di dirigersi da solo. Ricordiamoci che il
piccolo uomo di cui siamo tutori temporanei può essere un animo
molto più vecchio ed elevato di noi e, spiritualmente, esserci
superiore.[...]
I genitori dovrebbero guardarsi particolarmente dalla tentazione di
modellare la giovane personalità secondo le proprie idee o
desideri, astenersi da ogni autorità abusiva, non esigere favori
per aver compiuto un loro dovere naturale. E' incredibile come nella
nostra società l'ignorare questa verità possa causare indicibili
sofferenze, soffocare delle disposizioni naturali e sviluppare dei
caratteri dominatori.”
Dite
che funzionerà? Io ci credo poco, quindi le soluzioni sono due: o
mi rassegno a lottare o chiedo a Francesco di salvarmi (mi sa che
opterò per la prima)!
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