21 febbraio 2011

La posizione che preferisco è l'Arciere!

    Rassicuro immediatamente i malpensanti che non mi riferisco ad una oscena pratica del kamasutra! Piuttosto, la posizione in oggetto si riferisce ad un Asana dello Yoga. Il mio Maestro ci ha tenuto a precisare che si tratta di Hatha Yoga, ossia “Yoga del Sole e della Luna”, un'antica disciplina originaria delle scuole iniziatiche del Tibet e dell'India, ormai molto diffusa in occidente. Ero alla ricerca di una disciplina che mi consentisse di ottenere una più armonica unione tra mente e corpo ed, ormai, sono tre settimane che seguo il corso con risultati, posso azzardare, apprezzabili (per una principiante). A dirla tutta, una prima ed unica esperienza di yoga l'avevo già sperimentata con la mamma di Francesco, che lo pratica da circa vent'anni e fa
    parte di quella che lei definisce la “vecchia scuola”: ogni volta che mi parla della sua insegnante e dell'esperienza che ha vissuto le si forma qualche “gocciolina” negli occhi e questa partecipazione così profonda mi ha spinta e confortata a sperimentare su me stessa. La cosa più importante, mi disse, è l'ambiente: cominciammo, infatti a spostare divani e poltrone per ritagliarci uno spazio più ampio in cui muoverci; accendemmo candele ed incenso, mettemmo un po' di musica rilassante e abbassammo le luci. Seconda cosa fondamentale, la collaborazione: aiutarsi nella preparazione del proprio spazio di movimento, sistemare assieme i tappeti, effettuare qualunque operazione risulti necessaria al fine di creare un rapporto di sinergia e familiarità con il proprio Maestro e con gli altri partecipanti alla lezione (nel caso specifico, eravamo soltanto io e lei) e per favorire la propagazione di energie positive e di un ambiente rilassato. Terzo punto: salutare il Maestro guardandolo negli occhi ed accennando un sorriso: in questo modo ci si “affida” e ci si dichiara pronti a ricevere il suo insegnamento e la sua energia. Quel pomeriggio la mia reazione al termine della lezione fu quantomai inaspettata, si vede che avevo un po' di stress da “rilasciare” e, sicuramente, avevo allentato la cosiddetta “ansia da prestazione”. Ne rimasi, ad ogni modo, talmente colpita che decidemmo subito di informarci su qualche corso che fosse consono alle nostre esigenze di orario, distanza e professionalità dell'insegnante ed, alla fine, “approdammo” a quello che seguo attualmente. Di sicuro il primo impatto è stato un po' diverso da come immaginavo: il corso si svolge in una palestra che, a mio avviso, non è il luogo più idoneo per ricreare un ambiente intimo. Ma, su questo, devo soprassedere, giacché, mea culpa, non guido e avevo necessità di trovare un posto che fosse raggiungibile anche a piedi. L'età dei discenti spazia dai trenta agli ottant'anni e questo mi è sembrato un riscontro molto positivo poiché sottolinea come lo Yoga sia una disciplina adatta ad ogni età. Unica nota dolente, qualche battutina di troppo e non proprio “mistica” da parte di un paio di “alunni-intrattenitori” che, a volte distrae e fa perdere la concentrazione. Tutto sommato, però, devo ammettere che il mio giudizio complessivo possa ritenersi positivo e soddisfacente. Fase uno. La prima cosa che ci ha tenuto ad evidenziare il Maestro, è l'importanza della respirazione: il controllo del respiro è fondamentale sia per un corretto svolgimento degli esercizi, sia perché consente di purificare il corpo e la mente mettendole in corretta comunicazione. Sembra che chi pratica Yoga assuma il 25% di ossigeno in più di chi respira normalmente e l'ossigeno è il nutrimento necessario del tessuto nervoso e delle cellule cerebrali ed è il motore dell'energia per tutti gli organi del nostro corpo. Ok, quindi, prima di tutto, devo imparare a controllare il respiro ed a respirare con consapevolezza: inspiriamo cominciando a gonfiare prima la pancia, poi il torace, con un ritmo regolare e senza sforzo; poi espiriamo partendo dal torace”. Tutto chiaro, ma non è mica facile! Mentre eseguo i miei primi esercizi mi accorgo di essere in apnea, rischio che se trattengo ancora un po' il fiato, mi scoppia un polmone. Primo errore (orrore)! Il Maestro se ne accorge e subito mi corregge. Bella figura già il primo giorno! Comunque mi rassicura dicendomi di non preoccuparmi, che è “normale” (il concetto di “normalità” fa sempre fatica ad entrare nella testa di una perfezionista come me che, appena iniziato, già avverte l'odore del “fallimento”...benedetto Larch!). Continua a rimarcare, passeggiando tra di noi, di non concentrarci sulle posizioni bensì sulla respirazione ed io abbasso le orecchie perché so di essere stata lo spunto per questa riflessione a voce alta (che vergogna!). Fase due. Dopo il riscaldamento passiamo alla prima posizione: il saluto al sole. Già il nome mi infonde buon umore ed una bella carica di positività: mi immagino su una spiaggia a piedi scalzi a rivolgere il viso ed i miei occhi chiusi verso il cielo. Che immagine fantastica! Mentre verso in questo stato di beatitudine, però, mi accorgo, mentre il maestro ci rappresenta l'esercizio, che non è proprio semplice come fare “ciao ciao” con la manina: è tutto un protendersi verso l'alto quasi a toccare il cielo con un gesto di preghiera, per poi splamarsi letteralmente a terra in posizione ossequiosa. Un alternarsi armonico e fluente di movimenti attraverso i quali ogni singola parte del corpo sembra unirsi a diventare un tutt'uno con il resto. Prova e riprova, trovo la concentrazione necessaria, mi lascio andare ed i gesti cominciano ad arrivare da soli. Proseguiamo la lezione in questo volteggiare di braccia e distendersi di schiene e gambe. Una breve interruzione di Luca (l'allievo intrattenitore) che fa notare al Maestro di non riuscire a svolgere correttamente gli esercizi perché “abbagliato dai miei fanali” (cito testuale), ed arriviamo alla posizione che preferisco: quella dell'arciere! In piedi, la gamba sinistra è piegata in avanti, la gamba destra è stesa indietro sulla linea della gamba sinistra; il braccio sinistro è steso in avanti parallelo al pavimento, il braccio destro è piegato all’altezza della spalla come se fosse teso un arco, il gomito è parallelo al pavimento. Insomma, pochi minuti sono bastati a farmi sentire un' Amazzone! Avvertivo un'immagine di me fiera ed elegante e questo, sembra strano ad immaginarsi, mi trasmetteva una sensazione di “sicurezza”. Fase tre. Terminato il ciclo di esercizi, il Maestro ha spento le luci (finalmente) ed ha dato inizio ai quindici minuti di rilassamento: abbiamo impugnato i plaid, ci siamo coperti, qualcuno ha indossato anche sciarpa e cappello ed abbiamo svuotato la mente (o, quantomeno, ci abbiamo provato) concentrandoci sul respiro e sulle parole guida del Maestro. Risultato!? Qualcuno ha cominciato a russare (si saranno rilassati oltremodo?!); i miei arti hanno faticato a risvegliarsi e tutt'intorno facce intorpidite cercavano altre facce che sbadigliavano assonnate. Mi sa che questi quindici minuti ci hanno fatto bene!
    Conclusione. Ci siamo messi nella posizione del loto, abbiamo intonato un ”Om” collettivo per richiamare le vibrazioni della genesi (qualche vecchietta l'ha scambiato per un canto di Chiesa); un bell'applauso e lezione finita!
    Arrivederci a lunedi, occhi belli!”

P.S. Volontariamente non ho indicato il nome del Maestro perché non so se gli faccia piacere essere citato pubblicamente.
Il nome “Luca” è di pura fantasia. Il personaggio, haimè, è invece realmente esistente (ma, in fondo in fondo, è simpatico!)!

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