Quando mi arrabbio mi
trasformo in una specie di mostro verde dalle orecchie a punta! Sarà
per questo che, in generale, cerco di non innervosirmi troppo spesso,
perché conosco bene gli effetti disastrosi che un improvviso
innalzamento della mia temperatura corporea potrebbe avere su chi mi
sta vicino. Che, poi, solitamente, corrisponde allo stesso oggetto
del mio disappunto. Si, perché, almeno in questo caso, rimango
coerente: se sono nervosa non scarico sul resto del mondo, ma mi
concentro sulla persona che ha dato l'input al sentimento di
devastazione e sono capace di disintegrarla letteralmente. A parole,
s'intende! Ma le parole possono essere più taglienti di una lama
affilata. Sopratutto perché la lama puoi estrarla; le parole, quelle
no, ti restano dentro per parecchio tempo, con risultati rovinosi per
chi le subisce e per chi le pronuncia. Di solito sfogo la mia rabbia
solo molto dopo
aver “passato la misura”, come si suol dire,
quindi dovrei sentirmi legittimata ad esplodere, ogni tanto, in uno
“sclero” furibondo. Ma, allora, perché poi mi sento in colpa?
Che io sia la reincarnazione di un coccodrillo, che prima mangia i
figli e poi si dispera?
I
PRESUPPOSTI
Perché avverto la
necessità di sputare veleno se reputo che qualcuno si stia
comportando a mio discapito? Mi sono analizzata e ne ho dedotto che
lo faccio per attirare l'attenzione: è, secondo la mia mente
distorta, un modo come un altro per suscitare una reazione, quando
credo che quella persona non mi stia riservando sufficiente
interesse. E più il mio interlocutore finge indifferenza, più io mi
accanisco, perché proprio non tollero quell'atteggiamento
noncurante. Quindi, continuo a vomitare bile, sperando che le mie
parole raggiungano l'obiettivo. “Devi mirare al cuore, Ramon, al
cuore!”. Arrivo ad un punto in cui mi si ingarbugliano
addirittura i pensieri: dico talmente tante brutture, che perdo il
bandolo, non mi ricordo nemmeno più quale sia l'oggetto del
contendere. Ma continuo imperterrita, benché cominci ad avvertire
una stretta al cuore ed un senso di stanchezza. Perché
“incattivirsi” stanca, toglie un mucchio di energie: qualcuno usa
questa insana pratica per “svuotarsi” ed, in effetti, uno
“svuotamento” avviene, ma nel senso malsano del termine. Dopo ti
senti solo sfiancata, sfinita e ti accorgi che hai, non solo ottenuto
molto poco, ma anche contribuito ad accrescere la disistima che hai
di te stessa. Perché, diciamocelo, al di là di tutto, non è che ci
facciamo proprio una bella figura con le nostre scenate isteriche!
MOTIVAZIONI
Ma da cosa scaturisce
questa reazione? Ad analisi compiuta, il problema fondamentale rimane
sempre lo stesso: l'ostinata lotta tra personalità ed
individualità. E' che proprio non riusciamo a “domare” la
prima! “Dai, digliene quattro, non vorrai mica fare la figura
della codarda!?. E' questa, più
o meno, l'espressione con cui la mia vocina del cervello esordisce
ogni volta che mi sembra che qualcosa stia sfuggendo al mio
controllo. Eh, si, è proprio tutta una questione di controllo:
perché tendiamo sempre a voler dare un ordine ed una progressione
definita a tutto quanto e, quando qualcosa prende una direzione
diversa da quella che ci saremmo aspettati, scatta l'interruttore
della luce e la nostra mente va in blackout. Ma la personalità no,
quella non dorme mai, per cui è sempre in grado di scovare dei
cerini in qualche cassetto ed accendere la candela della collera. E'
lei che ci spinge a tirare fuori la parte peggiore di noi stessi.
LA
FATTISPECIE
Di
solito, mi capita di ritrovarmi ad “impazzire” nei momenti più
impensati. Forse quando non riesco a realizzare le proiezioni
dell'intera settimana. Insomma, la mia “pazienza” non è soltanto
connaturata, è proprio una “missione”: mi impongo di mettere in
atto tutti gli insegnamenti che ho ricevuto fino ad ora e cerco di
coltivare la qualità positiva corrispondente alla mia irrequietezza.
Aivanhov
sostiene che il segreto consista proprio in questo: non tentare di
sopprimere il difetto che ci è sgradito, quanto, piuttosto,
sviluppare la qualità
corrispondente. Sembra
facile, ma non sempre le due caratteristiche riescono a convivere
pacificamente fra di loro. Ogni tanto fanno a cazzotti. L'impazienza
passa fischiettando con nonchalance davanti alla condiscendenza, la
sorprende alle spalle e sferra il primo pugno. Da lì, è tutto un
azzuffarsi. In questa lotta, si sveglia il capobanda dei neuroni
impazziti e corre in soccorso di uno dei contendenti; ma, poiché il
vile tende a schierarsi sempre dalla parte del più forte, offre il
suo sostegno alla personalità.
All'esterno
succede pressapoco questo: il mio muso è talmente lungo che quasi
tocca terra, nella mente si avvicendano una serie di domande e
risposte univoche e screditanti, avverto un tumulto interiore che
credo sia la rabbia che sta salendo, invece sono solo i vandali che
si agitano nel mio corpo, divenuto, ormai, un campo di battaglia e
punto lo sguardo fisso avanti a me, magari fingendo interesse per un
programma televisivo, tentando di controllarmi ed iniziando a
rosicchiarmi le unghie. Alla domanda “Cos'hai?!”,
il mio “niente”
profetizza una guerriglia imminente. La mia individualità tenta di
fare capolino tra quel groviglio soffocante di sentimenti
contraddittori, cercando di elargirmi, con flebile voce, ancora un
ultimo consiglio. Per fortuna riesco a sentirla e decido di spostarmi
in un'altra stanza dove, con un po' di rilassamento ed un'invocazione
accorata a tutti gli angeli del creato ed alle presenze celesti,
chiedo di non essere lasciata sola con la mia personalità. Ma l'ora
è tarda e si vede che stanno già dormendo tutti . Per cui, mi giro
e mi rigiro convincendomi che ci penserò domani, studiando
l'atteggiamento che dovrò mantenere. Riesco ad incatenarmi al
proposito per un paio d'ore. Sembra fatta! Ma è solo un'illusione.
Decido
che sono una donna “con le palle”, quando la mia vocina del
cervello mi suggerisce che, far del male a qualcuno sia espressione
di coraggio: torno sul campo di battaglia, armata fino ai denti, e
comincio a sciorinare il panegirico dei “non mi piace”, “non
posso tollerare”, “non sopporto”, “ti detesto” e, se avete
altro da aggiungere, fate pure, dando libero sfogo alla fantasia.
Nella migliore delle ipotesi, di fronte a me ho una persona
disorientata che prova a schivare i colpi senza reagire per non
peggiorare le cose, ma, naturalmente, la mia inquieta personalità mi
induce ad interpretare quell'atteggiamento come un chiaro segnale di
strafottenza. Quindi, rincaro la dose.
EPILOGO
Ormai
sfinita, mi butto sul divano con un nulla di fatto. Il mio
atteggiamento impulsivo, nell'ordine:
- Non ha chiarito la situazione;
- Ha peggiorato il mio stato d'animo;
- ha fatto male ad una persona a cui tengo;
- mi riempie di sensi di colpa.
Per
fortuna, chi mi sta accanto mi conosce talmente bene da capire che
ogni tanto il mio cervello si scollega e che non penso tutte le cose
che dico. Perlomeno, non le penso nel modo in cui le dico. E mi ama
al punto di farmi calmare con un abbraccio. Ma, se non avessi trovato
una persona altrettanto disponibile, cosa ne sarebbe stato di me? Mi
sarei procurata una ferita con la lama tagliente della mia stessa
lingua. Ma, quali sentimenti sono entrati in gioco? Prima di tutto
l'orgoglio,
che non è sempre utile, se non in situazioni di emergenza, quando
gli altri sembrano calpestare a tal punto la nostra individualità da
renderci necessario tirare fuori gli artigli. Anche se, pure in quel
caso, più che l' orgoglio, sarebbe meglio chiamare a supporto la
“dignità”. Giacché è anche uno dei peccati capitali, è
auspicabile riuscire a farne a meno. Poi, l'impazienza,
che è mia acerrima nemica e che mi spinge sempre a cercare una
soluzione prima ancora che si sia verificato il problema. Per quanto
mi sforzi di tenerla sotto controllo, credo che un altro ciclo di
Fiori di Bach non mi farebbe male. La gelosia,
come insana manifestazione di senso di possesso e proprietà, che ci
fa illudere di avere un diritto sugli altri, quando, certe volte, non
possiamo rivendicarlo nemmeno su noi stessi.
SOLUZIONI
Dopo
un'attenta analisi e qualche chiacchierata illuminate, direi che le
alternative possibili siano:
- Non tentare di sopprimere la personalità: tale affronto la irriterebbe e la spingerebbe a manifestarsi in maniera ancora più aggressiva. Piuttosto, cerchiamo di farcela “alleata”, come si fa come un qualunque potenziale “nemico”; solo così saremo in grado di utilizzarla a nostro favore ed asservirla al volere superiore dell'individualità.
- Coltivare l'individualità, che è il nostro “Io Superiore”, che racchiude in sé tutti quei sentimenti di amore, comprensione e compassione che, più degli altri, potrebbero esserci utili nei nostri rapporti interpersonali.
- Mettere da parte l'orgoglio a favore della umiltà. E l'umiltà include anche la capacità, ed il coraggio nel mio caso, di “CHIEDERE”. Alle volte diamo per scontato che gli altri debbano anticipare i nostri desideri e le nostre esigenze. Non è così! In questo modo non facciamo altro che dichiararci, inconsciamente, superiori al resto del mondo. Il tanto noto “Nessuno mi capisce” è un modo abbastanza presuntuoso di collocarci un gradino più in alto degli altri. Per cui, a conti fatti, più che vittime, siamo carnefici inconsapevoli.
MORALI
DELLA FAVOLA
- Tutto è bene, se finisce bene.
- Chi l'ha dura (la testa) non sempre vince
- Se tiri troppo la corda e l'altro la lascia, ti ritrovi col culo per terra
- Tanto va la gatta al largo che, se non ha abbastanza fiato, al ritorno so' cazzi.
Tutto
chiaro?! Io ho dichiarato ufficialmente guerra a “Me”. Per il
momento, ho vinto solo una battaglia...
non ho potuto proprio esimermi dallo scriverti...
RispondiEliminaLunedì scorso ore 18 circa io ero al mio pc a digitare sui tasti, e sì che tutti credevano che lavorassi ma mi sono concessa questi 15 minuti di sfogo...
e tu dirai: e a me?
No il punto è che il file che ho scritto è salvato con questo nome "io e Tecla"...
Non più di qualche riga su tecla che combatte con tecla e che ha davvero problemi a gestire l'impazienza.
Ho trovato questa coincidenza singolare e affascinante e volevo rendertene partecipe...
Poi io non ho il tuo meraviglioso coraggio nel condividere parole ed esperienze e quindi quelle poche righe restano a me, ma sappi che apprezzo tanto le tue doti di narrazione e la tua voglia di "donarti" in qualche modo agli altri e anche il fatto che tu abbia tante idee e la costanza di portare avanti questo bell'impegno che ti sei presa...
ok sviolinata finita...
Ciao
Tecla
Grazie Tecla! Ma avevamo detto "niente sviolinate"! ;) Comunque, già sai come la penso, in questo periodo la sensazione di impazienza è piuttosto comune. Per quando riguarda il tuo interesse nella scrittura, invece, coltivalo! Se l'ho fatto io, puoi riuscirci anche tu!
RispondiEliminaUn abbraccio
Scusate, ma ho l'impressione che la guerra non sia la soluzione. Non è un avversario, che ci parla, ma un maestro, e non fa altro che mostrarci i punti deboli.
RispondiEliminaChe senso ha dichiarargli guerra?
Accettiamo la sfida e umilmente chiediamo: grazie maestro, cosa mi stai insegnando?
Le poche volte che ho il sangue freddo di farlo, a me funziona.
Ciao Airone! Chiaramente la "dichiarazione di guerra" voleva essere una forzatura, anche un po' ironica. Era un modo per sottolineare che dovremmo essere in grado di "educare" alcune manifestazioni del nostro carattere e sviluppare le corrispondenti qualità. Però la tua interpretazione mi è sembrata molto suggestiva, quindi, se ti va, ti prego di spiegarmi meglio cosa intendi. Un abbraccio di luce
RispondiEliminaCiao Francesca che dire...quello che ci si scatena dentro in quei momenti è anche il frutto di quanto accumulato, cose sopportate e non dette, insieme con una buona dose di possessività/gelosia ( manifestazioni ingiuste ma anche umane e a volte frutto della diversità con l'altro, l'essere uomo e donna). Una dose di autocontrollo e pazienza? ottimi propositi, ma io ce la farò mai??
RispondiEliminaUn abbraccio
Ciao Trilli! Il punto è proprio quello: ce la faremo mai? Io dico che se prendiamo atto dei nostri limiti e lavoriamo su di essi, possiamo riuscire a migliorare ed anche a sviluppare sentimenti diversi con i quali potremo rapportarci agli altri in maniera più serena. In caso contrario...si, resteremo "chiusi" nei nostri vincoli umani. Ce la faremo! ;)
RispondiEliminaUn abbraccio luminoso