Rassicuro
immediatamente i malpensanti che non mi riferisco ad una oscena
pratica del kamasutra! Piuttosto, la posizione in oggetto si
riferisce ad un Asana
dello
Yoga. Il mio Maestro ci ha tenuto a precisare che si tratta di Hatha
Yoga, ossia
“Yoga
del Sole e della Luna”,
un'antica disciplina originaria delle scuole iniziatiche del Tibet e
dell'India, ormai molto diffusa in occidente. Ero alla ricerca di
una disciplina che mi consentisse di ottenere una più armonica
unione tra mente e corpo ed, ormai, sono tre settimane che seguo il
corso con risultati, posso azzardare, apprezzabili (per una
principiante). A dirla tutta, una prima ed unica esperienza di yoga
l'avevo già sperimentata con la mamma di Francesco, che lo pratica
da circa vent'anni e fa
parte di quella che lei definisce la
“vecchia
scuola”:
ogni volta che mi parla della sua insegnante e dell'esperienza che
ha vissuto le si forma qualche “gocciolina” negli occhi e questa
partecipazione così profonda mi ha spinta e confortata a
sperimentare su me stessa. La cosa più importante, mi disse, è
l'ambiente:
cominciammo,
infatti a spostare divani e poltrone per ritagliarci uno spazio più
ampio in cui muoverci; accendemmo candele ed incenso, mettemmo un
po' di musica rilassante e abbassammo le luci. Seconda cosa
fondamentale, la collaborazione:
aiutarsi
nella preparazione del proprio spazio di movimento, sistemare
assieme i tappeti, effettuare qualunque operazione risulti
necessaria al fine di creare un rapporto di sinergia
e familiarità
con il proprio Maestro e con gli altri partecipanti alla lezione
(nel caso specifico, eravamo soltanto io e lei) e per favorire la
propagazione di energie positive e di un ambiente rilassato. Terzo
punto: salutare
il Maestro
guardandolo negli occhi ed accennando un sorriso: in questo modo ci
si “affida” e ci si dichiara pronti a ricevere il suo
insegnamento e la sua energia. Quel pomeriggio la mia reazione al
termine della lezione fu quantomai inaspettata, si vede che avevo un
po' di stress da “rilasciare” e, sicuramente, avevo allentato la
cosiddetta “ansia da prestazione”. Ne rimasi, ad ogni modo,
talmente colpita che decidemmo subito di informarci su qualche corso
che fosse consono alle nostre esigenze di orario, distanza e
professionalità dell'insegnante ed, alla fine, “approdammo” a
quello che seguo attualmente. Di sicuro il primo impatto è stato un
po' diverso da come immaginavo: il corso si svolge in una palestra
che, a mio avviso, non è il luogo più idoneo per ricreare un
ambiente intimo. Ma, su questo, devo soprassedere, giacché, mea
culpa, non guido e avevo necessità di trovare un posto che fosse
raggiungibile anche a piedi. L'età dei discenti spazia dai trenta
agli ottant'anni e questo mi è sembrato un riscontro molto positivo
poiché sottolinea come lo Yoga
sia una disciplina adatta ad ogni età.
Unica nota dolente, qualche battutina di troppo e non proprio
“mistica” da parte di un paio di “alunni-intrattenitori”
che, a volte distrae e fa perdere la concentrazione. Tutto sommato,
però, devo ammettere che il mio giudizio complessivo possa
ritenersi positivo e soddisfacente. Fase
uno.
La prima cosa che ci ha tenuto ad evidenziare il Maestro, è
l'importanza
della respirazione: il controllo del respiro è
fondamentale sia per un corretto svolgimento degli esercizi, sia
perché consente di purificare il corpo e la mente mettendole in
corretta comunicazione. Sembra che chi pratica Yoga assuma il 25%
di ossigeno in più
di chi respira normalmente e l'ossigeno è il nutrimento necessario
del tessuto nervoso e delle cellule cerebrali ed è il motore
dell'energia per tutti gli organi del nostro corpo. Ok, quindi,
prima di tutto, devo imparare a controllare il respiro ed a
respirare
con consapevolezza: “inspiriamo
cominciando a
gonfiare prima la pancia, poi il torace, con un ritmo regolare e
senza sforzo; poi espiriamo partendo dal torace”.
Tutto chiaro, ma
non
è mica facile! Mentre eseguo i miei primi esercizi mi accorgo di
essere in apnea, rischio che se trattengo ancora un po' il fiato, mi
scoppia un polmone. Primo errore (orrore)! Il Maestro se ne accorge
e subito mi corregge. Bella figura già il primo giorno! Comunque mi
rassicura dicendomi di non preoccuparmi, che è “normale” (il
concetto di “normalità” fa sempre fatica ad entrare nella testa
di una perfezionista come me che, appena iniziato, già avverte
l'odore del “fallimento”...benedetto Larch!). Continua a
rimarcare, passeggiando tra di noi, di non concentrarci sulle
posizioni bensì sulla respirazione ed io abbasso le orecchie perché
so di essere stata lo spunto per questa riflessione a voce alta (che
vergogna!). Fase
due.
Dopo il riscaldamento passiamo alla prima posizione: il
saluto al sole. Già
il nome mi infonde buon umore ed una bella carica di positività: mi
immagino su una spiaggia a piedi scalzi a rivolgere il viso ed i
miei occhi chiusi verso il cielo. Che immagine fantastica! Mentre
verso in questo stato di beatitudine, però, mi accorgo, mentre il
maestro ci rappresenta l'esercizio, che non è proprio semplice come
fare “ciao ciao” con la manina: è tutto un protendersi verso
l'alto quasi a toccare il cielo con un gesto di preghiera, per poi
splamarsi letteralmente a terra in posizione ossequiosa. Un
alternarsi armonico e fluente di movimenti attraverso i quali ogni
singola parte del corpo sembra unirsi a diventare un tutt'uno con il
resto. Prova e riprova, trovo la concentrazione necessaria, mi
lascio andare ed i gesti cominciano ad arrivare da soli. Proseguiamo
la lezione in questo volteggiare di braccia e distendersi di schiene
e gambe. Una breve interruzione di Luca (l'allievo intrattenitore)
che fa notare al Maestro di non riuscire a svolgere correttamente
gli esercizi perché “abbagliato dai miei fanali” (cito
testuale), ed arriviamo alla posizione che preferisco: quella
dell'arciere!
In piedi, la gamba sinistra è piegata in avanti, la gamba destra è
stesa indietro sulla linea della gamba sinistra; il braccio sinistro
è steso in avanti parallelo al pavimento, il braccio destro è
piegato all’altezza della spalla come se fosse teso un arco, il
gomito è parallelo al pavimento. Insomma, pochi minuti sono bastati
a farmi sentire un' Amazzone! Avvertivo un'immagine di me fiera ed
elegante e questo, sembra strano ad immaginarsi, mi trasmetteva una
sensazione di “sicurezza”. Fase
tre.
Terminato il ciclo di esercizi, il Maestro ha spento le luci
(finalmente) ed ha dato inizio ai quindici minuti di rilassamento:
abbiamo impugnato i plaid, ci siamo coperti, qualcuno ha indossato
anche sciarpa e cappello ed abbiamo svuotato la mente (o,
quantomeno, ci abbiamo provato) concentrandoci sul respiro e sulle
parole guida del Maestro. Risultato!? Qualcuno ha cominciato a
russare (si saranno rilassati oltremodo?!); i miei arti hanno
faticato a risvegliarsi e tutt'intorno facce intorpidite cercavano
altre facce che sbadigliavano assonnate. Mi sa che questi quindici
minuti ci hanno fatto bene!
Conclusione.
Ci siamo messi nella posizione del loto, abbiamo intonato un ”Om”
collettivo per richiamare le vibrazioni della genesi (qualche
vecchietta l'ha scambiato per un canto di Chiesa); un bell'applauso
e lezione
finita!
“Arrivederci
a lunedi, occhi belli!”
P.S.
Volontariamente non ho indicato il nome del Maestro perché non so se
gli faccia piacere essere citato pubblicamente.
Il
nome “Luca” è di pura fantasia. Il personaggio, haimè, è
invece realmente esistente (ma, in fondo in fondo, è simpatico!)!
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