7 aprile 2011

Io e la nemica "Me": che lo scontro abbia inizio!


Quando mi arrabbio mi trasformo in una specie di mostro verde dalle orecchie a punta! Sarà per questo che, in generale, cerco di non innervosirmi troppo spesso, perché conosco bene gli effetti disastrosi che un improvviso innalzamento della mia temperatura corporea potrebbe avere su chi mi sta vicino. Che, poi, solitamente, corrisponde allo stesso oggetto del mio disappunto. Si, perché, almeno in questo caso, rimango coerente: se sono nervosa non scarico sul resto del mondo, ma mi concentro sulla persona che ha dato l'input al sentimento di devastazione e sono capace di disintegrarla letteralmente. A parole, s'intende! Ma le parole possono essere più taglienti di una lama affilata. Sopratutto perché la lama puoi estrarla; le parole, quelle no, ti restano dentro per parecchio tempo, con risultati rovinosi per chi le subisce e per chi le pronuncia. Di solito sfogo la mia rabbia solo molto dopo
aver “passato la misura”, come si suol dire, quindi dovrei sentirmi legittimata ad esplodere, ogni tanto, in uno “sclero” furibondo. Ma, allora, perché poi mi sento in colpa? Che io sia la reincarnazione di un coccodrillo, che prima mangia i figli e poi si dispera?
I PRESUPPOSTI
Perché avverto la necessità di sputare veleno se reputo che qualcuno si stia comportando a mio discapito? Mi sono analizzata e ne ho dedotto che lo faccio per attirare l'attenzione: è, secondo la mia mente distorta, un modo come un altro per suscitare una reazione, quando credo che quella persona non mi stia riservando sufficiente interesse. E più il mio interlocutore finge indifferenza, più io mi accanisco, perché proprio non tollero quell'atteggiamento noncurante. Quindi, continuo a vomitare bile, sperando che le mie parole raggiungano l'obiettivo. “Devi mirare al cuore, Ramon, al cuore!”. Arrivo ad un punto in cui mi si ingarbugliano addirittura i pensieri: dico talmente tante brutture, che perdo il bandolo, non mi ricordo nemmeno più quale sia l'oggetto del contendere. Ma continuo imperterrita, benché cominci ad avvertire una stretta al cuore ed un senso di stanchezza. Perché “incattivirsi” stanca, toglie un mucchio di energie: qualcuno usa questa insana pratica per “svuotarsi” ed, in effetti, uno “svuotamento” avviene, ma nel senso malsano del termine. Dopo ti senti solo sfiancata, sfinita e ti accorgi che hai, non solo ottenuto molto poco, ma anche contribuito ad accrescere la disistima che hai di te stessa. Perché, diciamocelo, al di là di tutto, non è che ci facciamo proprio una bella figura con le nostre scenate isteriche!

MOTIVAZIONI
Ma da cosa scaturisce questa reazione? Ad analisi compiuta, il problema fondamentale rimane sempre lo stesso: l'ostinata lotta tra personalità ed individualità. E' che proprio non riusciamo a “domare” la prima! “Dai, digliene quattro, non vorrai mica fare la figura della codarda!?. E' questa, più o meno, l'espressione con cui la mia vocina del cervello esordisce ogni volta che mi sembra che qualcosa stia sfuggendo al mio controllo. Eh, si, è proprio tutta una questione di controllo: perché tendiamo sempre a voler dare un ordine ed una progressione definita a tutto quanto e, quando qualcosa prende una direzione diversa da quella che ci saremmo aspettati, scatta l'interruttore della luce e la nostra mente va in blackout. Ma la personalità no, quella non dorme mai, per cui è sempre in grado di scovare dei cerini in qualche cassetto ed accendere la candela della collera. E' lei che ci spinge a tirare fuori la parte peggiore di noi stessi.

LA FATTISPECIE
Di solito, mi capita di ritrovarmi ad “impazzire” nei momenti più impensati. Forse quando non riesco a realizzare le proiezioni dell'intera settimana. Insomma, la mia “pazienza” non è soltanto connaturata, è proprio una “missione”: mi impongo di mettere in atto tutti gli insegnamenti che ho ricevuto fino ad ora e cerco di coltivare la qualità positiva corrispondente alla mia irrequietezza. Aivanhov sostiene che il segreto consista proprio in questo: non tentare di sopprimere il difetto che ci è sgradito, quanto, piuttosto, sviluppare la qualità corrispondente. Sembra facile, ma non sempre le due caratteristiche riescono a convivere pacificamente fra di loro. Ogni tanto fanno a cazzotti. L'impazienza passa fischiettando con nonchalance davanti alla condiscendenza, la sorprende alle spalle e sferra il primo pugno. Da lì, è tutto un azzuffarsi. In questa lotta, si sveglia il capobanda dei neuroni impazziti e corre in soccorso di uno dei contendenti; ma, poiché il vile tende a schierarsi sempre dalla parte del più forte, offre il suo sostegno alla personalità.
All'esterno succede pressapoco questo: il mio muso è talmente lungo che quasi tocca terra, nella mente si avvicendano una serie di domande e risposte univoche e screditanti, avverto un tumulto interiore che credo sia la rabbia che sta salendo, invece sono solo i vandali che si agitano nel mio corpo, divenuto, ormai, un campo di battaglia e punto lo sguardo fisso avanti a me, magari fingendo interesse per un programma televisivo, tentando di controllarmi ed iniziando a rosicchiarmi le unghie. Alla domanda “Cos'hai?!”, il mio “niente” profetizza una guerriglia imminente. La mia individualità tenta di fare capolino tra quel groviglio soffocante di sentimenti contraddittori, cercando di elargirmi, con flebile voce, ancora un ultimo consiglio. Per fortuna riesco a sentirla e decido di spostarmi in un'altra stanza dove, con un po' di rilassamento ed un'invocazione accorata a tutti gli angeli del creato ed alle presenze celesti, chiedo di non essere lasciata sola con la mia personalità. Ma l'ora è tarda e si vede che stanno già dormendo tutti . Per cui, mi giro e mi rigiro convincendomi che ci penserò domani, studiando l'atteggiamento che dovrò mantenere. Riesco ad incatenarmi al proposito per un paio d'ore. Sembra fatta! Ma è solo un'illusione.

Decido che sono una donna “con le palle”, quando la mia vocina del cervello mi suggerisce che, far del male a qualcuno sia espressione di coraggio: torno sul campo di battaglia, armata fino ai denti, e comincio a sciorinare il panegirico dei “non mi piace”, “non posso tollerare”, “non sopporto”, “ti detesto” e, se avete altro da aggiungere, fate pure, dando libero sfogo alla fantasia. Nella migliore delle ipotesi, di fronte a me ho una persona disorientata che prova a schivare i colpi senza reagire per non peggiorare le cose, ma, naturalmente, la mia inquieta personalità mi induce ad interpretare quell'atteggiamento come un chiaro segnale di strafottenza. Quindi, rincaro la dose.

EPILOGO
Ormai sfinita, mi butto sul divano con un nulla di fatto. Il mio atteggiamento impulsivo, nell'ordine:
  1. Non ha chiarito la situazione;
  2. Ha peggiorato il mio stato d'animo;
  3. ha fatto male ad una persona a cui tengo;
  4. mi riempie di sensi di colpa.

Per fortuna, chi mi sta accanto mi conosce talmente bene da capire che ogni tanto il mio cervello si scollega e che non penso tutte le cose che dico. Perlomeno, non le penso nel modo in cui le dico. E mi ama al punto di farmi calmare con un abbraccio. Ma, se non avessi trovato una persona altrettanto disponibile, cosa ne sarebbe stato di me? Mi sarei procurata una ferita con la lama tagliente della mia stessa lingua. Ma, quali sentimenti sono entrati in gioco? Prima di tutto l'orgoglio, che non è sempre utile, se non in situazioni di emergenza, quando gli altri sembrano calpestare a tal punto la nostra individualità da renderci necessario tirare fuori gli artigli. Anche se, pure in quel caso, più che l' orgoglio, sarebbe meglio chiamare a supporto la “dignità”. Giacché è anche uno dei peccati capitali, è auspicabile riuscire a farne a meno. Poi, l'impazienza, che è mia acerrima nemica e che mi spinge sempre a cercare una soluzione prima ancora che si sia verificato il problema. Per quanto mi sforzi di tenerla sotto controllo, credo che un altro ciclo di Fiori di Bach non mi farebbe male. La gelosia, come insana manifestazione di senso di possesso e proprietà, che ci fa illudere di avere un diritto sugli altri, quando, certe volte, non possiamo rivendicarlo nemmeno su noi stessi.

SOLUZIONI
Dopo un'attenta analisi e qualche chiacchierata illuminate, direi che le alternative possibili siano:
  • Non tentare di sopprimere la personalità: tale affronto la irriterebbe e la spingerebbe a manifestarsi in maniera ancora più aggressiva. Piuttosto, cerchiamo di farcela “alleata”, come si fa come un qualunque potenziale “nemico”; solo così saremo in grado di utilizzarla a nostro favore ed asservirla al volere superiore dell'individualità.
  • Coltivare l'individualità, che è il nostro “Io Superiore”, che racchiude in sé tutti quei sentimenti di amore, comprensione e compassione che, più degli altri, potrebbero esserci utili nei nostri rapporti interpersonali.
  • Mettere da parte l'orgoglio a favore della umiltà. E l'umiltà include anche la capacità, ed il coraggio nel mio caso, di “CHIEDERE”. Alle volte diamo per scontato che gli altri debbano anticipare i nostri desideri e le nostre esigenze. Non è così! In questo modo non facciamo altro che dichiararci, inconsciamente, superiori al resto del mondo. Il tanto noto “Nessuno mi capisce” è un modo abbastanza presuntuoso di collocarci un gradino più in alto degli altri. Per cui, a conti fatti, più che vittime, siamo carnefici inconsapevoli.

MORALI DELLA FAVOLA
  1. Tutto è bene, se finisce bene.
  2. Chi l'ha dura (la testa) non sempre vince
  3. Se tiri troppo la corda e l'altro la lascia, ti ritrovi col culo per terra
  4. Tanto va la gatta al largo che, se non ha abbastanza fiato, al ritorno so' cazzi.

Tutto chiaro?! Io ho dichiarato ufficialmente guerra a “Me”. Per il momento, ho vinto solo una battaglia...

6 commenti:

  1. non ho potuto proprio esimermi dallo scriverti...
    Lunedì scorso ore 18 circa io ero al mio pc a digitare sui tasti, e sì che tutti credevano che lavorassi ma mi sono concessa questi 15 minuti di sfogo...
    e tu dirai: e a me?
    No il punto è che il file che ho scritto è salvato con questo nome "io e Tecla"...
    Non più di qualche riga su tecla che combatte con tecla e che ha davvero problemi a gestire l'impazienza.
    Ho trovato questa coincidenza singolare e affascinante e volevo rendertene partecipe...
    Poi io non ho il tuo meraviglioso coraggio nel condividere parole ed esperienze e quindi quelle poche righe restano a me, ma sappi che apprezzo tanto le tue doti di narrazione e la tua voglia di "donarti" in qualche modo agli altri e anche il fatto che tu abbia tante idee e la costanza di portare avanti questo bell'impegno che ti sei presa...
    ok sviolinata finita...
    Ciao
    Tecla

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  2. Grazie Tecla! Ma avevamo detto "niente sviolinate"! ;) Comunque, già sai come la penso, in questo periodo la sensazione di impazienza è piuttosto comune. Per quando riguarda il tuo interesse nella scrittura, invece, coltivalo! Se l'ho fatto io, puoi riuscirci anche tu!
    Un abbraccio

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  3. Scusate, ma ho l'impressione che la guerra non sia la soluzione. Non è un avversario, che ci parla, ma un maestro, e non fa altro che mostrarci i punti deboli.
    Che senso ha dichiarargli guerra?
    Accettiamo la sfida e umilmente chiediamo: grazie maestro, cosa mi stai insegnando?
    Le poche volte che ho il sangue freddo di farlo, a me funziona.

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  4. Ciao Airone! Chiaramente la "dichiarazione di guerra" voleva essere una forzatura, anche un po' ironica. Era un modo per sottolineare che dovremmo essere in grado di "educare" alcune manifestazioni del nostro carattere e sviluppare le corrispondenti qualità. Però la tua interpretazione mi è sembrata molto suggestiva, quindi, se ti va, ti prego di spiegarmi meglio cosa intendi. Un abbraccio di luce

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  5. Ciao Francesca che dire...quello che ci si scatena dentro in quei momenti è anche il frutto di quanto accumulato, cose sopportate e non dette, insieme con una buona dose di possessività/gelosia ( manifestazioni ingiuste ma anche umane e a volte frutto della diversità con l'altro, l'essere uomo e donna). Una dose di autocontrollo e pazienza? ottimi propositi, ma io ce la farò mai??
    Un abbraccio

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  6. Ciao Trilli! Il punto è proprio quello: ce la faremo mai? Io dico che se prendiamo atto dei nostri limiti e lavoriamo su di essi, possiamo riuscire a migliorare ed anche a sviluppare sentimenti diversi con i quali potremo rapportarci agli altri in maniera più serena. In caso contrario...si, resteremo "chiusi" nei nostri vincoli umani. Ce la faremo! ;)
    Un abbraccio luminoso

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